Manuela Peri
Pietra d’inciampo: ideata dall’artista Gunter Demnig, è una piccola pietra con targa in ottone posta a memoria delle vittime del nazifascismo dinanzi alle loro abitazioni. La targa reca nome, cognome, data di nascita, luogo e data di morte di ciascuno di loro.
La pietra d’inciampo, in tedesco Stolpersteine, è un’espressione artistica per sua natura liminale. Individua confini molteplici e differenti che si uniscono e disgregano ogni qual volta ci si accorge della loro presenza sul manto stradale o anche solo si pensi alla loro esistenza lungo le vie cittadine.
Rappresenta, in primo luogo, un confine di natura materica e spaziale: l’ottone usato per le targhe, infatti, si distingue dal grigio selciato catturando inevitabilmente l’attenzione dei passanti che camminano per la città. La materia risveglia dall’indifferenza e obbliga a posare lo sguardo sui nomi incisi con precisione e dolore sul metallo, invitando a riflettere sulla Storia e sulla brutalità dell’uomo. Come afferma Gunter Demnig, l’inventore delle pietre d’inciampo: “Sono sempre inorridito ogni qual volta incido i nomi, lettera dopo lettera. Ma questo fa parte del progetto perché così ricordo a me stesso che dietro quel nome c’è un singolo individuo. Si parla di bambini, di uomini e di donne che erano vicini di casa, compagni di scuola, amici e colleghi. E ogni nome evoca per me un’immagine. Vado nel luogo, davanti alla casa dove la persona viveva.
L’installazione di ogni Stolpersteine è un processo doloroso ma anche positivo perché rappresenta un ritorno a casa, almeno della memoria di qualcuno.” (Kòln 2007: 37). Secondariamente, imbattersi in una pietra d’inciampo può generare la premura di non calpestarla, perché ci si rende conto che quella piccola targa non solo rappresenta un luogo solenne di ricordo ma, talvolta, anche la tomba stessa di quelle persone che non hanno mai ricevuto degna sepoltura. Si presenta, così, un’altra tipologia di confine, questa volta però di più complicata demarcazione, tra luogo del ricordo e vera e propria tomba. Un altro sistema dualistico e liminale identificato dalle pietre d’inciampo è quello tra pubblico e privato: ciascuna pietra viene commissionata su richiesta privata, il più delle volte da parte dei familiari delle vittime, eppure, continua a rappresentare un oggetto di pubblica fruizione, offerto alla città come eterno memento di ciò che è stata, e non dovrà mai più essere, la “bestia umana”, come definita dal cantautore Francesco Guccini nella sua ‘<Auschwitz”. Viene a definirsi così un intreccio tra la memoria dei singoli, ovvero quella delle famiglie che decidono di ricordare le vite dei loro cari brutalmente interrotte, e la memoria collettiva, che coinvolge e ingloba le esperienze individuali innalzandole a Storia. La pietra d’inciampo è, però, sopra ogni altra cosa, un luogo di confine tra ciò che è normalità e baratro, l’abisso dell’orrore e la mostruosità in cui sono sprofondate quelle persone di cui le Stolperstein provano a mantenere in vita i nomi e con essi la nostra Memoria.