Emanuela Catanzaro
Raccolta di documenti di vario genere o, più genericamente, il luogo che li contiene. Pubblici o privati, gli archivi svolgono principalmente la funzione di gestione e catalogazione di materiale ritenuto di interesse storico e culturale. L’archivio svolge un ruolo fondamentale nel conservare la testimonianza del passaggio nel tempo delle società, in quanto permette lo studio della loro evoluzione culturale all’interno di un determinato contesto storico e geografico attraverso la documentazione scritta che contiene.
Per capirne l’importanza, è sufficiente pensare al rinvenimento degli archivi reali di Ebla. Nel 1974 furono ritrovate oltre 17.000 tavolette di argilla nella città siriana di Tell Mardikh: la scoperta ha permesso di rivalutare il ruolo della civiltà siriana durante l’età del Bronzo, pari a quello degli imperi Assiro, Babilonese e Ittita, dimostrando la sua centralità negli scambi commerciali e politici e documentando la presenza di un’antichissima lingua semitica, con importanti ricadute sulle ricerche accademiche degli anni Settanta. L’archivio, risorsa culturale di importanza fondamentale, a partire dal diciottesimo secolo è stato utilizzato anche come metodo di legittimazione dei poteri regnanti e ancora oggi conserva la sua funzione politica, caratteristica che gli ha permesso di influenzare il corso della storia delle istituzioni. Questa complessa rete di significati lo rende un perfetto esempio di paesaggio di confine.
Il valore culturale dell’istituzione dell’archivio fu ufficialmente riconosciuto nel 1794, durante il regime del Terrore in Francia, con il decreto del 25 Giugno che ne sancì la liberalizzazione e il fine di pubblica fruizione. In questo periodo gran parte della documentazione legata all’ancien régime, ovvero la monarchia assoluta rinnegata dai giacobini a favore della costituzione repubblicana, venne bruciata per far posto a quella di una cultura più democratica; si tratta dell’obbligo del triage, che ha l’obiettivo di eliminare le tracce di un sistema a cui i rivoluzionari si opponevano violentemente. Il concetto di archivio diviene, dunque, istanza politica e rappresentazione del potere. Secondo Antonio Allocati, gli archivi sono sviluppati congiuntamente agli organi politici per affermarne il valore, dal momento che qualunque tipo di istituzione storicamente «non riconobbe validità ad altro documento, se non a quello che il proprio archivio conservava.» (Allocati 1960: 296). Oggi la cultura non è più nelle mani di pochi prescelti. L’avvento delle nuove tecnologie ha permesso la nascita degli archivi digitali, che annullano qualunque tipo di disparità, permettendo l’accesso alla cultura a chiunque a livello globale, soprattutto grazie al movimento open access che, sfruttando licenze aperte per condividere le ricerche accademiche, permette la democratizzazione dell’informazione on-line.
La possibilità di modificare e distribuire senza limite i contenuti scaricati pone, però, in risalto la questione dell’autenticità digitale. Sono stati avviati progetti di ricerca che si occupano di questa criticità, e che hanno il compito di preservare i documenti digitali nella loro forma originale; ne è un esempio InterPARES, che ha lavorato alla creazione di standard per stabilire l’affidabilità dei file gestiti elettronicamente. Altri progetti affrontano, invece, il problema dell’obsolescenza digitale, causata da formati desueti o dalla sospensione di banche dati, con la conseguente eliminazione dei contenuti. Dal 1999 il sistema LOCKSS della Stanford University si occupa di preservare i documenti elettronici a rischio, sfruttando il principio “lots of copies keep stuff safe” (Rosenthal 2010: 1), ovvero la moltiplicazione di contenuti in copie e formati diversi, dislocati geograficamente in server diversi in modo da impedire che vengano distrutti da un singolo evento. La complessità dell’archivio, che rappresenta cultura e potere, ma anche democrazia e rischio, è ciò che lo rende un paesaggio di confine.