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Rovina

    Sara Napolano

    Rovina: resti di costruzioni edilizie, statue antiche, strutture o complessi urbani parzialmente distrutti che costituiscono interesse culturale per la comunità.

    Le rovine hanno esercitato un fascino che si è fatto stimolo intellettuale nel corso della storia. Dai poderosi resti di ciò che fu grandioso l’uomo si sente sovrastato, ma i ruderi del passato testimoniano il cammino della storia e provocano grande ammirazione. Il pittore romantico Füssli (1741-1825) esprime bene questo stato d’animo in un suo celebre disegno (Füssli, La disperazione dell’artista di fronte alla grandezza delle rovine antiche, seppia e sanguigna su carta. Zurigo, Kunsthaus 1778-80), dove un uomo si commuove davanti alle grandiose rovine di Roma, portando alla meditazione sulla fragilità delle sorti umane. Il passato può apparire come un mondo grandioso ma fatalmente perduto, provocando un senso di impotenza, frustrazione e angoscia. Questo sentimento del sublime suscitato dall’ammirazione delle rovine viene spiegato da Denis Diderot: “Le idee che le rovine suscitano in me sono grandiose. Tutto passa, tutto perisce. Soltanto il mondo resiste. Soltanto il tempo continua a durare. Io cammino tra due eternità. Ovunque io guardi, gli oggetti che mi circondano, mi annunciano la fine, e mi mettono in guardia rispetto a ciò che mi attende” (Diderot 1876: 26).

    Le rovine sono parte integrante del paesaggio, inteso nell’interazione fra l’individuo e la realtà che lo circonda, ricollegandolo alla storia: queste opere che hanno attraversato epoche e che ritroviamo sul nostro percorso, se pur aggredite dalla corrosione del tempo, restano presenti nella quotidianità valicando il confine del tempo. “Rovine, fanno sognare e donano poesia a un paesaggio”(Flaubert 1911: 97): così scriveva Gustave Flaubert, sottolineandone la bellezza e la centralità nel patrimonio culturale e paesaggistico.

    John Ruskin spiega come nella rovina vi sia un una misteriosa e suggestiva traccia di ciò che è stata una vitalità autentica e che rimane, nonostante qualcosa sia andato perduto, e ribadisce il concetto di rispetto per le diversità culturali e la creatività umana: “I morti hanno ancora i loro diritti su di essi: ciò per cui essi si sono affaticati, la gloria di un’impresa, l’espressione di un sentimento religioso o di qualunque altra cosa essi intendessero affidare per l’eternità a quegli edifici, sono tutte cose che non abbiamo il diritto di distruggere” (Ruskin 1849: 229).

    Le rovine vengono avvertite dai cittadini come espressione delle loro identità, memorie, considerazioni morali e interpretazioni. Le persone si riconoscono nell’eredità comune di queste tangibili testimonianze storiche, che è necessario valorizzare per tramandare quegli stessi significati e ricordi alle generazioni future, continuando a valicare il confine del tempo.

    Bibliografia

    Diderot D., Salon De 1767, in Assézat J. e Tourneux M. (a cura di) Oeuvres complètes de Diderot, revues sur les éditions originales. Étude sur Diderot et le mouvement philosophique au XVIII siècle, Parigi, Éditions Garnier Frères, 1876

    Flaubert G., trad. it. a cura di Gioia Angiolillo Zannino, Catalogo delle idee chic e dizionario dei luoghi comuni, Rizzoli, 2013.

    Gravagnuolo, B., Le Corbusier e l’Antico. Viaggi nel Mediterraneo, Napoli, Electa, 1997.

    Jeanneret, C. E., Voyage d’Orient, Carnets, Milano, Electa, 2002.

    Ruskin J., The Seven Lamps of Architecture, Londra, 1849 (trad. it. Le sette lampade dell’architettura, a cura di Roberto Di Stefano, Milano, 1988).

    Woodward, C., Tra le rovine, Parma, Ugo Guanda Editore, 2011.